Le produzioni job-shop operano in genere su commessa, ossia realizzano esemplari unici (commessa singola) o un numero limitato di unità (commessa ripetitiva) conformi a specifiche concordate con il cliente.
L’elevato grado di personalizzazione del prodotto secondo le richieste del cliente e i volumi produttivi contenuti fanno sì che la gamma realizzata sia caratterizzata da gradi varietà e variabilità piuttosto marcati.
La produzione di macchinari speciali, di apparecchiature o componenti eseguiti su disegno, la realizzazione di mobili o abiti su misura ne costituiscono tipici esempi, come peraltro le opere di ingegneria civile o di cantieristica navale.
L’acquisizione dell’ordine è generalmente preceduta dalla formulazione di un’offerta di prezzo al cliente: a tal fine gli enti preposti alla progettazione effettuano verifiche di fattibilità tecnica, corredate dalla stesura di un preventivo in base a stime di costo a partire da standard produttivi e rilevazioni consuntivate dalla contabilità industriale nella realizzazione di prodotti simili.
L’esigenza di personalizzare il prodotto rende necessario, a fronte di ogni nuovo ordine acquisito, rielaborare totalmente o parzialmente il progetto e predisporre i dati tecnici relativi a materiali, attrezzature e al ciclo di lavorazione.
Nelle produzioni su commessa la realizzazione delle attività produttive, compresi in parte l’acquisto dei materiali e la progettazione, avviene dopo l’acquisizione dell’ordine dal cliente.
La varietà delle caratteristiche del prodotto rende difficoltoso predeterminare la sequenza delle operazioni richieste dal ciclo di lavorazione.
Ciò spinge le imprese di tipo job-shop a dotarsi di macchinari e attrezzature con capacità generiche, idonei a effettuare un ampio spettro di lavorazioni.
Simili caratteristiche sono chieste anche alla forza lavoro, in termini di polivalenza e di disponibilità a mantenere un certo grado di elasticità degli orari di lavoro. Agli addetti sono anche richieste abilità e competenze specifiche, acquisite con l’esperienza o attraverso interventi di formazione sul posto di lavoro.
I materiali impiegati, se specifici, vengono acquistati dopo l’ordine, con un investimento in scorte di materie prime componenti conseguentemente contenuto. Sono anche pressoché assenti le scorte di prodotto finito. Al contrario, le scorte di semi lavorati (o work in process) costituite dai materiali che si trovano in lavorazione ai diversi stadi del ciclo di trasformazione, sono piuttosto consistenti e oggetto di attenzione e contenimento da parte del management.
Il lay-out è in genere organizzato per reparti, all’interno dei quali i macchinari vengono aggregati secondo criteri di omogeneità delle lavorazioni realizzabili. Ogni unità di lavoro (ordine di lavorazione o commessa, composto da uno o più pezzi che procedono insieme) richiede l’esecuzione di una serie di operazioni da parte di un gruppo di centri di lavoro (macchine, stazioni di lavoro, operatori) in una sequenza definita dal ciclo di lavorazione. L’organizzazione per reparti facilita l’intercambiabilità e lo scambio di competenze tra operatori, la supervisione di più macchine da parte di un solo operatore e il controllo delle lavorazioni da parte dei responsabili di reparto.
Tuttavia, i flussi generati dall’avanzamento dei materiali e delle lavorazioni sono molto articolati, poiché si generano interferenze tra i cicli produttivi delle varie commesse in essere.
Ciò comporta una notevole complessità gestionale e difficoltà di programmazione nell’utilizzo delle risorse.
Nella determinazione della capacità produttiva di un job-shop occorre partire dall’identificazione della potenzialità produttiva di ogni centro di lavoro. Tale misurazione può risultare difficile causa della continua variabilità dei prodotti lavorati. Infatti, la capacità produttiva disponibile è influenzata dalle caratteristiche del mix delle commesse in essere e dalle condizioni operative dei centri di lavoro.
Ad esempio, dalla dimensione dei lotti di produzione dipende il numero di ore indisponibili a causa di riattrezzaggi per cambi di produzione; la complessità dei pezzi da lavorare influenza l’articolazione dei cicli di lavoro; il numero e le caratteristiche delle commesse in essere possono generare colli di bottiglia variabili, attese delle lavorazioni e accumuli di materiali ai diversi centri di lavoro.
Le produzioni job-shop necessitano di una elevata capacità di presidio del flusso informativo, elemento determinante per il coordinamento dei flussi produttivi e per il controllo dello stato di avanzamento delle lavorazioni. Il flusso informativo costituisce, infatti, un elemento nevralgico del sistema produttivo; esso è caratterizzato nelle produzioni job-shop da un’elevata formalizzazione dei compiti di alimentazione del sistema e da una rigida predisposizione dei supporti informativi che accompagnano ogni commessa dalla formulazione dell’offerta alla consuntivazione.
In sintesi, le realtà produttive job-shop sono generalmente caratterizzate da elevati gradi di flessibilità ed elasticità produttiva, fabbisogni di investimento ridotti e coefficienti di produttività contenuti, elementi coerenti con l’esigenza di realizzare bassi volumi di un prodotto vario e variabile. I maggiori tempi di consegna sono, entro certi limiti, accordati dal mercato a fronte delle capacità di personalizzazione delle prestazioni del prodotto alle specifiche esigenze espresse dal cliente nel rispetto della data di consegna pattuita (affidabilità della consegna).